caratterizzato da una scena di genere secondo la moda del primo Ottocento francese, interpretata da una giovane donna in abiti classici nell'atto di adornarsi davanti ad una specchiera affiancata da un’athénienne ornata da bucrani e un tavolino rotondo a ringhiera con alcune suppellettili. Forse la composizione è ispirata alla cosiddetta "Toeletta di Psiche", una particolare iconografia legata al mito di Amore e Psiche che fu sviluppata tardivamente e in modo autonomo rispetto al romanzo di Apuleio, dove le cure di bellezza cui è sottoposta Psiche prima dell'incontro con il suo innamorato sono accennate brevemente. L'iconografia di partenza sembra essere un affresco pompeiano nella casa di Marco Lucrezio Frontone, che raffigura la Toeletta di Venere. Questo soggetto che interessò Raffaello all'epoca delle pitture nella Loggia di Amore e Psiche alla Farnesina e di cui rimane testimonianza, nell’adattamento alla figura di Psiche, in una stampa di Giulio Bonasone (1560 ca., Londra, British Museum), ebbe in seguito una certa fortuna e divenne un soggetto tipico. La utilizzò ad esempio anche Boucher per il soggetto di un arazzo realizzato nel decennio 1740, durante il suo soggiorno romano (oggi al Palazzo del Quirinale). Sul nostro orologio la figura di giovinetta non ha alcun legame iconografico con la toeletta di Venere o di Psiche, episodi composti da più personaggi; tuttavia la presenza di una cimasa sopra lo specchio composta da un cuore trafitto da due frecce che formano una curiosa panoplia con un arco posto in orizzontale, ci ricorda un tipico emblema di Cupido. Né va dimenticato che questa tipica specchiera neoclassica si chiama "psiche". La grande base dell'orologio è adorna da applicazioni di bronzo dorato raffiguranti degli amorini come a ribadire il carattere sensuale della scena. L'orologio è sostenuto, sopra una base in marmo verde, da quattro piedi a forma di grifi, animali fantastici sacri ad Apollo e custodi dei suoi tesori. Movimento con scappamento ad ancora, suoneria delle ore e mezze al passaggio.
Si veda per confronto: Giacomo Wannenes, Le più belle pendole francesi da Luigi XIV all'Impero, Leonardo editore Milano 1991, pag. 169